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sonetti-della-semana«Di giugno dovvi una montagnetta

coverta di bellissimi arboscelli,

con trenta ville e dodici castelli,

che sian intorno ad una cittadetta,

ch’abbia nel mezzo una sua fontanetta;

e faccia mille rami e fiumicelli,

ferendo per giardin e praticelli,

e rinfrescando la minuta erbetta. »

(Folgóre da San Gimignano in Sonetti de mesi – giugno)

Famosa per le sue torri e il suo fascino d’altri tempi San Gimignano si innalza nelle colline toscane come pietra preziosa di un territorio che è da sempre un tesoro. Iscritta nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, San Gimignano è conosciuta in tutto il mondo per le sue bellezze artistiche.

Figlia del medioevo nasce in epoca etrusca e cresce in epoca medioevale.

Attraversata dall’antica Via Francigena, di cui ancora oggi se ne intravedono i tratti, San Gimignano è da sempre meta artistica di visitatori, dai tempi in cui le moltitudini di pellegrini e di mercanti attraversavano questi territori da Canterbury a Roma. È un itinerario della storia, una via maestra, un antico cammino, che ancora incanta i pellegrini di tutto il mondo, che si addentra tra le dolci colline Toscane e che attraversa il piccolo Borgo di Pancole, San Gimignano, per poi proseguire in direzione di Monteriggioni e Siena. Un viaggio vero e autentico, senza l’ambizione di portare lontano, in luoghi sconosciuti, ma un percorso interiore alla scoperta di voi stessi grazie alla solitudine del cammino e al diretto contatto con la natura.
Ornata da veri gioielli dell’architettura: l’antica città etrusca di Volterra a 25 Km, la bella piazza dei miracoli a Pisa a 90 Km e la rinascimentale Firenze a 45 Km, intorno a Sn Gimignano c’è ancora molto di più da scoprire nel panorama dei siti medievali ad essa vicini: Siena a 35 Km, Colle Val D’Elsa a 10 Km, Monteriggioni a 20 Km e Montalcino a 90 Km.

Ma quello che più affascina è scoprire un territorio che mantiene intatti i valori di un tempo lontano che si tramanda da generazioni e che resta vivo come lo è nella filosofia della nostra azienda.

Santuario di Maria Santissima Madre della Divina Provvidenza

Il santuario di Maria Santissima Madre della Divina Provvidenza si trova a Pancole, dove si affaccia la nostra azienda.

pancoleNello stesso luogo dove ora sorge la chiesa sorgeva un’edicola sulla quale Pier Francesco Fiorentino aveva affrescato l’immagine della Vergine allattante il Bambino (verosimilmente tra il 1475 e il 1499). Successivamente l’edicola venne trascurata e franato il tettino fu coperta da rovi ed edera fino a scomparire alla vista.

Nella seconda metà del XVII secolo, tutta la Valdelsa conobbe un periodo di miseria e carestia dovuto alla siccità. Si racconta che nei primi giorni di aprile del 1668 Bartolomea Ghini, una pastorella muta dalla nascita, fosse particolarmente triste per la propria povertà e portando il gregge al pascolo fu colta da disperazione tanto che pianse a dirotto. A quel punto le apparve una bella signora che le chiese il motivo di tanta tristezza. Quando Bartolomea rispose, la signora la rassicurò dicendole di andare a casa poiché lì avrebbe trovato la dispensa piena di pane, l’oliera piena d’olio e la cantina piena di vino. A quel punto Bartolomea si rese conto di aver parlato e scappò a casa chiamando a squarciagola i genitori anch’essi stupefatti di sentire la figlia parlare e di trovare la dispensa piena. Tutti i paesani vollero quindi andare nel pascolo dove questa diceva di aver visto la misteriosa signora ma trovarono soltanto un cumulo di rovi. A questo punto con falci e roncole estirparono le piante per scoprire che nascondevano l’edicola con l’immagine che Bartolomea diceva ritrarre la signora che aveva incontrato. Nell’estirpazione dei rovi l’immagine fu graffiata da una roncola e il segno è tuttora visibile. Da allora si decise di venerare la Madonna con il titolo di Madre della Divina Provvidenza.

Queste notizie attirarono una moltitudine di pellegrini che portavano offerte e materiale edile per l’edificazione di una chiesa affinché l’immagine fosse protetta. Grazie a tanta collaborazione la chiesa fu eretta e consacrata in soli due anni (i lavori finirono nel 1670).

Nel 1923 la chiesa fu elevata alla dignità di Santuario Diocesano.

Il 14 luglio 1944 i tedeschi in ritirata minarono la chiesa che venne quasi completamente distrutta: si salvò solo la parete dell’altare dov’è posta l’immagine sacra. La ricostruzione del Santuario venne in un primo momento affidata all’ingegner Dino Loni, il quale proponeva un edificio in stile neoclassico a pianta centrale con alta cupola, più piccolo nelle dimensioni, ma assai più imponente. Alla fine ricostruito secondo il precedente modello affidando la direzione dei lavori al Professore e Architetto Severino Crott: il Santuario fu riconsacrato il 19 ottobre 1949.

Il 12 ottobre 1997 la reggenza dell’edificio fu trasferita dal Clero secolare all’Istituto dei Servi del cuore immacolato di Maria.

Nel 2000 il santuario è stato scelto come luogo giubilare per la concessione dell’indulgenza plenaria.

La pieve di Cellole

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Sporgendo lo sguardo sulla collina più in alto, sorge ai margini di una spianata la cui vista, dalla fine dell’Ottocento, è parzialmente nascosta da una serie di cipressi, la bellissima Pieve di Cellole.

Le prime testimonianze su questa chiesa risalgono a due carte datate 949 e 1011; a quel tempo risulta che la chiesa fosse dedicata a San Giovanni Battista.

Nel documento di fondazione della Badia a Elmi del 1034 risulta che la chiesa era già dedicata a Santa Maria Assunta.

La facciata è datata 1238 ma appare nella veste conferitole dopo i restauri novecenteschi. Presenta un prospetto molto schiacciato, caratteristica abbastanza comune nelle chiese a tre navate del contado senese; sono originali il portale e la feritoia a croce posta sotto la cuspide.

Il portale presenta un arco estradossato a tutto sesto e una ghiera decorata mediante prismi incuneati,; inoltre ha una lunetta monolitica con risega poggiante su un architrave con mensole decorate. Il semicapitello di sinistra presenta una decorazione di tre ordini di fogliame con le punte rivolte verso l’alto, molto simili a quelle del duomo di Volterra; nel semicapitello di sinistra la decorazione è fatta mediante un intreccio di figure zoomorfe stilizzate e disposte in maniera simmetrica.

Al centro della facciata si trova una bifora realizzata negli anni’20 in stile e sulla sua destra dalla muratura sporge una testa umana molto consunta mentre alla sinistra, all’altezza dell’architrave, si trova l’iscrizione REMOTA FUIT H PLEBS A M CXC IN ITA FACTA TEMPORE ILD PLE; è la testimonianza che nel 1190 il titolo di una precedente chiesa situata nei pressi venne traslata in questo edificio per volontà dell’allora pievano Ildebrando. Le fiancate dell’edificio sono completamente cieche.

L’edificio ha un impianto basilicale con tre navate, divise da colonne e pilastri, che sorreggono archi a tutto sesto.

Visto dall’interno, cosa peraltro abbastanza rara, l’edificio mostra chiaramente le due principali fasi costruttive: la prima riguarda il presbiterio e la fiancata destra mentre alla seconda sono ascrivibili la facciata, i valichi delle navate, il campanile e il fianco sinistro.